Rivista riflessi

N.0 / Aprile 2017

N.0 / Aprile 2017

Consulta qui di seguito il sommario completo nel nuovo numero della Rivista e leggi i vari Abstract, cliccando sui titolo di ciascuno.

Stato dell'arte della tecnica della Sedia Calda e Vuota

Di Laura Mangiagli

L’articolo si occupa della nascita ed evoluzione della tecnica gestaltica della “Sedia Vuota e Calda”. La prima parte è dedicata alla chiarificazione dei termini con l’intento di recuperare l’intero nome della tecnica e le diverse componenti: una Sedia Calda su cui siede il paziente e una Vuota su cui lo stesso paziente proietta parti di sé o interlocutori immaginari. La seconda parte si dedica all’esplorazione del contesto in cui nasce questa tecnica e al padre della Gestalt: F. Perls. Ripercorrendo alcune delle tappe della vita di Perls, le sue passioni, le sue ideologie, i suoi incontri e la sua carriera è possibile cogliere sia l’obiettivo della Sedia Calda e Vuota, l’integrazione delle polarità, sia comprendere il principio che animava il suo ideatore: riattivare ogni spontaneità, ogni capacità di sentire e di esprimersi direttamente e in modo creativo.
Infine l’articolo dedica uno spazio agli sviluppi e alle critiche, successive al ’68, anno di maggior fioritura di Perls e della sua tecnica, che portano questo strumento all’interno di un lavoro di gruppo, piuttosto che all’interno del setting individuale.

La Sedia Vuota: le Trasformazioni del Setting

Di Francesca Fulceri, Rosa Spennato, Maria Carmina Viccaro

Le autrici, considerata la grande potenzialità della tecnica gestaltica della “Sedia Vuota”, ne hanno approfondito il concetto ed ampliato il contesto nel Setting individuale. I cambiamenti apportati al Setting, con un diverso uso dello spazio e della posizione del terapeuta, aiutano ad evidenziare di più l’aspetto riflessivo e profondo degli accadimenti, della relazione tra le parti e dell’osservazione del corpo in movimento. Il lavoro con la Sedia Vuota permette, attraverso il dialogo, l’incontro tra le polarità e favorisce il processo di integrazione che può essere inteso come attivazione della funzione trascendente. Attraverso questo fondamentale strumento di lavoro in Gestalt Analitica, si pone l’attenzione al gioco sottile che si attua tra i diversi livelli delle immagini interne, per renderne possibile il confronto e sottolineare i temi nodali nel processo d’individuazione.

La sedia di Andrea

Di Elisa Mori

Un momento del percorso terapeutico di Andrea, un ragazzo che – bloccato dal Mostro dell’attacco di panico – entra in contatto, per pochi secondi, con le proprie emozioni attraverso un piccolo lavoro con la Sedia Vuota. Pochi secondi ed un piccolo lavoro, che hanno la smisurata potenza di una immagine indissolubilmente agganciata all’aprirsi piano piano di questo giovane uomo alle sue emozioni.
Un piccolo frammento di contatto nel processo terapeutico che ha creato una profonda connessione, diventata
poi una unità di misura per tutto il tempo successivo del percorso.

Asciugare le lacrime

Di Sonia Ciuffini

Frammento della storia terapeutica di Silvia che finalmente, liberatasi dalle lacrime, si è permessa di vedere il suo percorso, di guardare se stessa, di farsi guardare (di vedere se stessa, di essere vista). Nella foresta dell’anima di Silvia, figura e sfondo, rabbia e tenerezza, si fondevano e si confondevano materializzandosi in lacrime che le impedivano di vedere la luce. Solo attraversando la foresta, accettando di perdersi in essa, Silvia ha trovato la via per uscire all’aperto. La libertà dalle lacrime le è stata consentita dal lavoro con la Sedia Vuota. La sedia dove la paziente, in più sedute, ha posizionato, di volta in volta, una lacrima, e con passaggi progressivi e dolorosi, verbalizzazioni violente e tenere, ha scelto di asciugarle.

La Sedia Vuota: una via per l’integrazione con i Tipi di Pensiero Estroverso

Di Debora Pennarossa

L’applicazione della Sedia Vuota alla teoria dei Tipi Psicologici di Jung risponde al principio di integrazione di cui la Gestalt Analitica è portatrice e a cui entrambi gli approcci terapeutici, la Gestalt e la Psicologia Analitica, riconoscono un potere trasformativo per l’individuo ai fini dello sviluppo della personalità e del suo adattamento alla realtà. La Sedia Vuota, strumento operativo della Gestalt, è una risorsa preziosa con i Tipi di Pensiero Estroverso. Il dialogo che l’individuo stabilisce con parti conflittuali di sé facilita un contatto più profondo con esse, il vuoto dell’oggetto su cui proietta i contenuti intollerabili favorisce l’accesso ai propri oggetti interni e all’inconscio. La conversione ad una modalità più introversa prende forma facendo strada al recupero della soggettività e al sentire laddove è dominante il pensare.

La Sedia Vuota, uno strumento per stare in relazione, uno specchio del sè

Di Giovanna Larghi, Sara Cafarotti

Partendo dall’eredità di Perls e dei primi gestaltisti degli anni ’70 abbiamo descritto cosa rappresenta oggi, per noi terapeute Gestalt Analitiche, lo strumento della Sedia Vuota. Un ottimo esempio di integrazione dei due modelli teorici di riferimento (Gestalt e Analisi Junghiana): partire da proiezioni emotivamente importanti per giungere a lavorare nelle relazioni del “hic et nunc” del paziente. Abbiamo evidenziato i punti di forza e i “rischi” per i protagonisti di questo lavoro: il terapeuta è un protagonista che modula il suo essere “attivo” nel corso del lavoro a fianco del paziente che vive la fatica del dispiegarsi del conflitto. La Sedia Vuota resta ad oggi uno strumento fondamentale nel lavoro terapeutico Gestalt Analitico.

La Sedia Piena - La Sedia Vuota come contenitore di una storia

Di Valeria Basile

Quello che andrete a leggere non è un articolo sulla famosissima tecnica gestaltica della Sedia Vuota, è piuttosto un tentativo di enunciare una nuovo strumento nato da una necessità che ha incontrato un’intuizione, un processo di sperimentazione di applicazione della narrazione della storia familiare nel percorso terapeutico individuale. Poiché il fine del processo analitico è la connessione dell’Io con il Sé, l’Individuazione, il divenire se stessi, la domanda che ogni terapeuta, ad un certo punto, dovrebbe porre al suo paziente è “Chi sei tu veramente?”, poiché questa domanda è fondamentale affinché il vero Sé entri in terapia. Ma come si sa, quando in psicologia analitica si ha a che fare con il Sé si ha a che fare con la totalità: conscio e inconscio, bianco e nero, superiore e inferiore, luce ed ombra. Il problema nasce nel momento in cui (ed è quasi sempre così) il segreto del paziente ha inevitabilmente a che fare con una parte Ombra, per cui quello che accade è che il paziente tende a procrastinare e prolungare la fase della confessione poiché rivelare (e rivelarsi) il proprio segreto vuol dire guardare in faccia la propria Ombra, la parte più inconscia e suscettibile di sé. Come aiutare, pertanto, il paziente a narrare il suo segreto? Questo strumento può rappresentarne una possibilità.

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