Di Sophie van der Stap.
Recensione a cura di Rosa Spennato
Mi ha entusiasmato leggere “La ragazza dalle nove parrucche” di Sophie van der Stap (2006), un diario che percorre il tempo della sua malattia, un anno di vita, fino alla guarigione. Mi sono chiesta che cosa mi ha conquistato così tanto e
riflettendo su questo innamoramento ne ho colto, infine, il senso: è un duro e bellissimo romanzo di formazione. Il linguaggio lineare, crudo e concreto all’inizio, poi con lo scorrere e trascorrere delle pagine e del tempo, s’impenna e si ammorbidisce per diventare fluido ed acquistare spessore, corpo e sensibilità divenendo leggero e profondo.
Sophie è una studentessa ventunenne in Politologia di Amsterdam. Età di conquista e scoperta del proprio tempo, del proprio spazio. Una ragazza con tutta la vita davanti che si interrompe improvvisamente nel momento della dirompente diagnosi di cancro ai polmoni. Quindi, improvvisamente, è obbligata a confrontarsi con un evento traumatico che come tale porta disorganizzazione, paura, regressione, rabbia e spaesamento. Ma lei non nega la malattia anche se nulla è più come prima, il suo progetto infatti era altro ed era altrove. Il dolore all’inizio l’ha sopraffà e lei comincia a toccare, a provare, quell’angoscia di morte che ogni paziente di una malattia grave prova, non accetta la sua “pelata” come affettuosamente chiama la sua testa calva. Poi un po’ per volta ci prende per mano, ci trascina nel mondo della sua malattia, della sua cura e della sua vita. Ci guida nella sua famiglia, affiatata e sensibile, che solo un anno prima aveva affrontato, vincendolo, il tumore al seno della madre.
Ci coinvolge nel mondo dei suoi amici, che l’amano e che come lei all’inizio sono sconcertati e tristi. Ci porta nel mondo dell’amica del cuore, la cara Annabel, con cui ha condiviso tutto, dall’infanzia fino all’ultimo capodanno a New York e della sua prima sessione di prova della parrucca dove incontra Stella, la sua prima parrucca con cui inizia il diario/libro.
Entriamo con Sophie nel negozio di costumi teatrali perché continua a domandarsi “da dove tiri fuori le sue belle acconciature Samantha di Sex the City” e dove incontra le sue belle parrucche scoprendo di poter giocare con loro ed inventarsi una vita, anzi tante vite per poter attaversare il suo anno infernale.
Infatti entra con Stella, racchia e sfigata ed esce con Daisy, maliziosa e sognante e con Sue malandrina e selvaggia. A loro, nel tempo si aggiungeranno Pam, Uma, Platina Bebè, Blondie e Lydia e le avventure che vivrà attraverso di loro come quando racconta della sua serata danzante e ” del suo colorito abbronzato, grazie ad un flaconcino di abbronzante, mi dà la sicurezza che mi serve per mettere piede nel nuovo nightclub, mi sono messa il vestito più bello e i rossi capelli selvaggi di Sue sulla testa. Di ciglia mie non me n’è rimasta neppure una, ma tanto quelle finte sono più lunghe e belle…. scandaglio la pista e poso lo sguardo su una cravatta danzante…… la cravatta danzante se ne sta accucciata a fare le fusa con la testa sulla mia pancia, sono in taxi mezza addormentata….. il ragazzo accanto a me vede una giovane ragazza piena di vita con un’acconciatura trendy in testa. Più che di musica disco e All Stars non abbiamo parlato. Ma tu che cosa fai ? Un anno sabbatico. Oh, fico”……oppure quando racconta della sua breve vacanza in Lussemburgo con un suo boy friend: “di mattina esco dall’hotel come Pam, per rituffarmi nel nostro letto come Uma. La receptionist non ci capisce un tubo e guarda Rob poco convinta. Lui d’altra parte si diverte a stare al gioco”.
Sophie trasforma il dolore per la “sua pelata” nel gioco di creatrice d’identità ed è questo il modo in cui lei esplora i mondi dentro e fuori di sé. Gioca con “il suo drago”, si maschera e mascherandosi crea reti intorno a sé, mondi, e narrandoli dona loro una consistenza ed una presenza viva e sognante.
Andando alla ricerca di sé grazie alle sue parrucche espande la sua coscienza, affina la sua sensibilità, conosce la sua molteplicità, sfugge alle etichette cercando di essere se stessa in libertà. Da ragazzina trendy diventa una donna coraggiosa che può visualizzar la sua paura, disegnarla, affrontarla e narrarla.
Diventa punto di riferimento, per tanta gente ammalata di cancro, comincia a scrivere articoli, partecipa ad un programma televisivo, rendendo visibile un mondo sommerso che può appartenere, anche ad ognuno di noi.
Sophie tocca il limite ed impara a muoversi, ad amare e dare importanza alle cose essenziali. Gioca la sua partita con la morte con creatività ed immaginazione, gioca la morte e soprattutto si confronta con la vita.